Dopo venuti a Trieste
Autore/Autrice | Gloria Nemec |
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Anno | 2015 |
Lingua | Italiano |
Pagine | 240 |
Dimensioni | 13,5 x 1 x 21 cm |
Peso | 300 g |
16,00€
Esaurito
La storia, documentata, di un dolore collettivo che si fa individuale, di partenza condannato e autocondannato al silenzio, e che poi, quando riesce finalmente a esprimersi, si trasforma nell’urlo della cosiddetta “pazzia”.
(Anna Maria Mori, “Il Piccolo”)
Trieste fu uno dei luoghi maggiormente investiti dagli spostamenti di popolazione che ridefinirono il quadro demografico europeo all’indomani della seconda guerra mondiale. La città si trovò ad accogliere migliaia di persone spaesate e traumatizzate, e con esse esperienze di lutti, dispersioni e perdite multiple – identità collettive, patrie, beni e proprietà. Per molti di questi esuli il manicomio rappresentava un possibile quanto estremo approdo.
Gloria Nemec analizza per la prima volta le fonti medico-psichiatriche e mira ad allargare la cornice dell’accoglienza cittadina, soprattutto nei confronti di coloro che fecero più fatica a riassorbire i cambiamenti, a superare le fratture della storia e le minacce alla propria identità. Mondi assai lontani come quello della psichiatria asilare e dei giuliano-dalmati inurbati si incontrarono all’interno di un grande manicomio di confine: da un lato i fragili statuti epistemologici e i poteri assoluti della psichiatria, dall’altro l’arcipelago delle provenienze e delle variabili che avevano prodotto lo sradicamento di un’intera componente nazionale. Far luce su una delle parti più diseredate del nuovo proletariato cittadino, nel contesto dell’abnorme crescita postbellica dell’Ospedale psichiatrico provinciale, significa approfondire, in particolare, la relazione tra le grandi e violente crisi sociali, e le condizioni storiche che favorirono non di rado l’internamento psichiatrico.